Una mattina di qualche settimana fa. Come spesso accade sono in anticipo per l’inizio della riunione di lavoro, così decido di impiegare quel tempo per una camminata. Scelgo un luogo isolato. Dentro sento una specie di inquietudine che non riesco a codificare. Passeggio lento come se quel passo misurato potesse condurmi ad una risposta risolutoria. La giornata è piacevole. Osservo i monti davanti a me e penso a quando mi inoltravo volentieri per quei sentieri silenziosi e faticosi. Mi accorgo di non averne però alcuna nostalgia e sorrido di come sono oggi, di come sono stato e di quel che sarò. Mi sento grato e riconciliato con molte cose della vita. La riconciliazione non è mai scontata, soprattutto con se stessi prima ancora che con gli altri.
Continuo a camminare fino a che il mio sguardo finisce sulla superfice di una panchina ancora coperta della rugiada del mattino, dalla quale emerge una scritta: VOGLIO CAMBIARE. Rimango immobile a lungo su quelle parole che sembrano calcate con sofferta determinazione, quasi che quell’incisione volesse segnalare un risveglio ed un appello definitivo.
Chi non ha mai detto a se stesso di voler cambiare? Chi non ha sentito qualche volta una spinta interna a rinnovare la propria esistenza? Esiste il famoso punto di rottura, raggiunto il quale non si può più attendere che gli eventi ci sommergano o che qualcuno faccia lo sporco lavoro al posto nostro.
Cambiamento è una parola che fa paura; essa ci avverte di una urgenza e ci prospetta grandi fatiche ed imprevedibili divisioni. Si deve essere ben disposti e docili all’azione rinnovante della Vita, che secondo la visione cristiana è propria dello Spirito, che fa nuove tutte le cose. Disposti a cedere qualcosa, a rinunciare ai propri consumati tesori, per ottenere in cambio qualcosa che supera la nostra immaginazione.
Quali ostacoli incontriamo nell’intraprendere questa strada?
Il primo è l’attaccamento alle proprie idee, che potremmo anche definire come sindrome di Gollum, per gli amanti de “Il Signore degli Anelli” https://www.artesettima.it/2019/07/02/gollum-e-smeagol-dialogo-tra-es-ed-io/ . Conta solo quello che pensiamo (magari ) o ciò in cui crediamo, gli altri sono dannati e quel che dicono è errore, menzogna. Siamo noi quando affermiamo le nostre verità, che probabilmente nemmeno comprendiamo a fondo, e le usiamo al fine di schiacciare chi non vi è allineato.
Viene da se che la condizione di un dialogo costruttivo in questo caso non può sussistere, basta guardare i dibattiti nei salotti televisivi tra i vari geni plurilaureati di questo Paese. L’attaccamento consuma e acceca e non vi è possibilità di far spazio a qualcosa di nuovo nella propria mente; vengono meno le condizioni per la crescita, personale e comunitaria, e la possibilità di rinnovare la propria esistenza. Sono quelli che fanno il tifo per le proprie idee e che sono disposti a sacrificare tutto pur di aver ragione. Cambiare è una sciocchezza.
Il secondo è la fretta e dalla radicata incapacità di attendere. Il tempo che viviamo è svuotato del mistero dell’attesa. Tutto e subito così come navighiamo sicuri in rete e nei social. La comunicazione oggi prevede risposte immediate e se non le hai di tuo puoi trovarle prestampate da qualche parte, per qualsiasi circostanza. La fretta di cambiare, di crescere, di ottenere risultati, altro non genera che delusione, frustrazione e rabbia. Abbiamo imposto al mondo, che è il nostro, un ritmo che non sosteniamo ne fisicamente ne spiritualmente, non possiamo concederci soste, dobbiamo produrre incessantemente, parlare in continuazione per ricordare al mondo che ci siamo anche noi, rincorrendo il delirio e una fine anticipata. Cambiare è una perdita di tempo.
Il terzo ostacolo è la comodità, che mi piace rappresentare col termine spiaggiamento. Sarebbe meglio una tempesta, un naufragio, per smuovere l’interno dell’uomo, che però predilige l’agiatezza e la sicurezza. La Scrittura paragona ad un animale che non comprende l’uomo che vive nella prosperità, e molte pagine evangeliche sono indirizzate a smuovere la coscienza appiattita da una ricchezza che non darà mai la vera gioia. Non è un elogio del pauperismo, visti anche i tempi di crisi nella quale molte persone stanno annegando; è piuttosto una considerazione di come va la storia di molti di noi: finché tutto va bene io non mi muovo dal lettino e non mi privo di nulla. Cambiare non è conveniente.
Dunque perché cambiare?
Parto dal presupposto che noi possiamo assecondare o rallentare il cambiamento ma non ne siamo i signori e spesso non siamo in grado nemmeno di pianificarlo. Come scriveva John Lennon, la vita è quella cosa che accade mentre sei impegnato in altri progetti. C’è una sorta di imprevedibilità e di inafferrabilità nell’accadimento di eventi che, intrecciati tra loro, determinano l’inizio di nuovi cammini e nuove storie.
Bisogna essere docili a volte e lasciarsi meravigliare dalla vita, ma è anche necessario avere una buona dose di volontà, di determinazione, di tenacia, per riuscire in ciò che ci prefiggiamo.
Non conformatevi alla mentalità di questo secolo ma trasformatevi rinnovando la vostra mente. Queste sono le parole che San Paolo rivolse ai Romani e che credo possano avere ancora oggi un impatto determinante nella vita di ciascuno.
Ma soprattutto cambi quando nella vita trovi qualcuno che ami più di quanto ami te stesso e le tue raffinate idee. E così alla fine è sempre l’amore ad irrompere con vigore nelle nostre storie, a sconvolgerle e rinnovarle.