Si dice che la voce di Dio sia un sussurro. Impercettibile e così misteriosa. Velata e rivelata, come in un gioco amorevole, dove la sofferenza e l’estasi a volte si fondono, gemendo nell’incontro atteso.
Così flebile e malandata è la nostra percezione delle cose mute; i nostri cuori e le nostre orecchie sono ormai disconnesse dalla rete spirituale e pensiamo che Dio, se esistesse davvero, griderebbe a tutti la sua presenza, senza lasciare dubbio alcuno.
Da qui la possibilità di negarlo o di renderlo un brocco. Se bisbigli nessuno ti ascolta, in fondo, giusto? Se la tua voce non sovrasta le altre non funziona. Il rivale va steso a suon di parole clamorosamente gridate, con gli insulti schiumanti di ira feroce, con lo scherno abbaiato in tutte le sue più infime forme.
Se sussurri non capisco.
Pensa a cosa ti circonda, pensa al fracasso, pensa a quanta fai fatica a comunicare e pensa a quante cose perdi lungo la via caotica delle tue giornate.
Ieri mattina come al solito accompagno mia moglie alla stazione. Scendendo dalla macchina si accorge che la gomma anteriore destra è a terra. Una vite! una maledetta vite conficcata nella gomma la quale giaceva afflosciata come un’orologio di Dalì.
Sussurro qualcosa che solo io intendo. Iniziano le congetture…
Torno a casa: saluto Flavio che esce per andare a scuola, porto Diletta al nido e vado subito dal gommista. Penso che in fondo poteva andare peggio: una buca di vaste dimensioni come quelle che si trovano solo a Roma, avrebbe spaccato la gomma obbligandomi a cambiarla e quindi a sostenere una spesa maggiore.
Cerco di guardare le cose in modo tale da coglierne il lato sano. Il famoso bicchiere mezzo pieno. Aiuta.
Il gommista è un ragazzo dalle origini asiatiche. Mi accoglie con calma e parla bassa voce; in maniera gentile e accennando lievi sorrisi termina il lavoro in un attimo.
Dai suoi modi così pacati e miti, e dal suo prostrarsi quasi in devozione sulla gomma da riparare, traggo improvvisamente una curiosa immagine: l’uomo che sussurrava alle gomme.
Che idiota sono! penso, ma che immagine è! Però quella calma fluida e quella voce tenue in un luogo dai rumori a tratti assordanti, mi aveva dato una sensazione davvero benefica, oltre alla soddisfazione di vedere risolto il problema.
Il mondo è pieno di gente straordinaria.
Così tornando a casa mi viene in mente una poesia di Martin Luther King : siate il meglio di qualunque cosa siate. http://retroguardia.altervista.org/siate-il-meglio-poesia-di-martin-luther-king/
Se tutti facessero il proprio dovere e lo facessero al meglio, probabilmente avremmo meno cose di cui lamentarci.
Ma quel che più mi rimane in testa e che mi decido a condividere, è la storia del sussurro e, ad esso legato, all’intimità.
Un rapporto di intimità richiede vicinanza, cura, dedizione e attenzione. Emerge la bellezza dell’essere uniti e coinvolti in qualcosa di grande ed unico.
L’intimità, che non riguarda solo l’aspetto sessuale, è una realtà che va coltivata nel tempo, che incide nelle profondità una sensazione di calore e comprensione.
Nell’intimità i sensi sono accesi e quasi impazienti di protendersi e raggiungere l’altro nella sua verità più nascosta; nell’incontro intimo la verità è rivelata, donata.
Spesso accade che, pur urlando, il senso di certe parole non arriva. Giunge confuso e ti obbliga a chiederne una ripetizione.
Oh, a me capita spesso, ma forse è perchè inizio a perdere colpi. Ma di fatto noi viviamo tra rumori di ogni genere rispetto ai quali abbiamo una certa dipendenza.
Siamo ferocemente legati a tutto ciò che ci toglie l’intimità, che reprime anche la sola possibilità di accarezzarla o desiderarla. Forse in fondo ne abbiamo addirittura paura.
Per fare un pochino il complottista, sembra che qualcuno ci voglia incapaci di desiderio autentico. Ve ne accorgete? Tutto ciò che vogliamo è indotto, ripetuto e fissato sugli stipiti delle nostre povere menti in avaria.
Ma anche senza pensare ai complotti, la nostra vita ci sfugge, la nostra, quella che nessuno altro può avere. Si parla tanto di accettare le differenze, ad esempio, ma poi si tende ad appianare tutti, ad appiattire e abbrutire la società, la cultura, la spiritualità.
Si cresce solo quando ci si confronta con realtà diverse. Da questo nasce lo stimolo per cambiare e percorrere vie nuove, sentieri mai battuti, cavalcare onde più alte, conoscere nuovi cieli e nuove terre e modificare il proprio modo di pensare.
Perdendo l’intimità con noi stessi, con chi amiamo, con il creato, con Dio, noi perdiamo il senso del nostro esserci e della nostra unicità. E viceversa se siamo tutti uguali non abbiamo più bisogno di intimità, ne di conoscenza reciproca, ne di scambio e condivisione. Sappiamo già tutto.
Il bello è che continuiamo a vivere come se tutto fosse corretto e in qualche modo si trova sempre il modo per sopravvivere. Ma si! Ma lassa perde, ma chi te lo fa fà, ma che te frega!
E così, alla fine, si rimane davvero fregati.
Mi ripeto ogni giorno che non devo sopravvivere. Devo vivere e sforzarmi di farlo al meglio, non solo per me stesso ma anche per quelli che incroceranno il mio cammino.
Così l’intimità rimane il luogo delle parole sussurrate, il luogo delle lacrime dell’emozione e della riconciliazione, il luogo dei gesti riservati, segreti, veri, luogo dell’amore senza riflettori puntati.
Un rapporto di amore, una confidenza amicale, una passeggiata solitaria in montagna, la vicinanza ai propri figli, ma anche il lavoro: tutto può diventare occasione di intimità e di felicità.
Credo che la voce di Dio, questo sussurro che soffia e si libra sulle nostra terra informe e deserta, sia ancora viva e operante. Come credo che ancora e sempre sia viva la voce dell’amore.
Forse sono solo i nostri cuori ad essere incapaci di trattenere dialoghi intimi, avidi di sguardi e apprezzamenti, privi di discrezione verso se stessi e le proprie vite, date in pasto a chiunque per un pugno di like. Vedi Un correre dietro al vento.
C’è anche un sussurro, un mormorio spietato di chi calunnia o diffama, di chi denigra l’altrui dignità, un consegnare iniquo gli innocenti alla pubblica gogna. Questo sembra sia uno sport che annovera più praticanti del calcio.
Noi dobbiamo riservare alle nostre anime uno spazio quotidiano di silenzio e di inattività totale. Smettere di fare qualsiasi cosa. Tacere. Spegnere tutto, abbassare le luci, salvarci dall’inasprimento dei nostri improrogabili impegni e poter dire: Ora sono qui per te. Ditelo alla vostra compagna/o, ai vostri figli o ad un amico; ditelo al penitente e all’oppresso, ditelo a Dio e poi, semplicemente e puramente:
Ascoltate!