Improvvisamente silenzio. Succede nella vita di tutti anche se oggi molto di rado, è questa l’impressione: fiumi di parole scorrono e riempiono il nostro ecosistema, inquinandolo il più delle volte; raramente respiriamo parole pulite e liberanti.
Il deserto senza strade nel quale forse ci si trova, all’improvviso, è una condizione ottimale per capire le cose più profonde. Senza risposte e senza indicazioni da parte di nessuno. Senza guide e senza maestri. Solo il suono sordo del silenzio pervade le giunture dello spirito, facendolo rabbrividire e facendolo sussultare: Terribilis est locus iste!
Ci vuole coraggio per restare in questo luogo di assenza eppure continuare a camminare, senza indietreggiare e senza disperare. Credere fino alla fine malgrado tutto, andare solitari in cerca del Volto.
Eppure cerchiamo il più delle volte appiglio nelle parole di consolazione e in tutti quei ragionamenti rassicuranti, che spezzano la lancia in nostro favore, risultando alla fine amichevolmente nemici della nostra più intima e ammirevole natura.
Già, riverenza sacra dobbiamo imparare, ma non verso gli uomini che contano, verso i quali la ostentiamo per prudenza e convenienza; bensì verso noi stessi: imparate il rispetto per la vita che avete, qualunque essa sia, e guardatevi dagli adulatori di qualunque abietta specie. http://poesieromanesche.altervista.org/index.php/Poetiscrittori/sonetto/485/trilussa–carlo-alberto-salustri–er-pollo-e-er-mastino
Guardatevi da chi promette sogni e da chi vi rende tutto facile. Bada che una strada senza ostacoli e senza salite è quella più pericolosa: la velocità aumenta e diminuisce il controllo dei tuoi movimenti. Diventi un masso che rotola, che distrugge e che infine si schianta.
Silenzio. facciamo silenzio o lasciamo che esso ci raggiunga il più possibile e che determini la maturazione di nuove condizioni esistenziali.
Siamo confusi in questo periodo. Tutto viene giustificato, garantito e venduto come buono. E noi il più delle volte diamo valore a ciò che non lo ha affatto.
Niente ha più stabilità, niente da solidità. Siamo merce e mercenari: scambiati per qualche denaro e pronti a venderci al migliore offerente. E di questo siamo per lo più beatamente ignari.
Il nostro mondo sembra aver perduto l’amore per la bellezza; non riusciamo più a discernere l’essenziale dall’effimero, il necessario dal superfluo. Tutto è capovolto e veniamo ogni giorno convinti a piegarci ai più sordidi compromessi.
Non esiste più la verità e se provi a cercarla troverai sempre qualcuno pronto a scoraggiarti: quid est veritas? La tua verità è pericolosa per questo viene coperta ogni giorno, sempre di più, da parole che nascono ovunque e sono pervasive, nel loro presentarsi come innocenti e limpide.
Ecco allora la soluzione: un deserto senza strade. Nella Scrittura è Dio stesso che vi conduce l’uomo, per provarlo affinché egli capisca cosa ha nel cuore e conosca se stesso.
Il luogo della difficoltà e della sofferenza, della solitudine e dell’assenza. Questo cammino austero svuota la nostra mente e il nostro cuore. Lo purifica dalle convinzioni e dalle sicurezze, cancella parole menzognere e attitudini da padreterno nelle quali siamo santamente annidati.
Ci ridona la verità nella fragilità e la forza nella debolezza. Ci offre aiuti insperati e risposte autentiche. Il silenzio fa nascere in noi parole nuove, quelle che nessuno ha mai udito e che saranno salvezza per noi stessi e per molti.
Un credente ha bisogno del deserto per riscoprire la sua fede in Dio, in se stesso e nel mondo che abita. Senza questo passaggio duro, senza questa austera disciplina, senza questa onesta fatica non avremo mai una vita piena, mai una direzione, mai un’approdo.
Accetta che Dio ti conduca in un deserto senza strade, lì dove non riceverai applausi ne sguardi di ammirazione, dove le parole che ascolterai saranno solo per te e revisioneranno il tuo spirito, rendendolo pronto a vivere e infondere saggezza.
Ed infine una strada, anche nel deserto, si aprirà.
Caro Federico, stai sul pezzo, sempre. Grazie. Leggendo l’ultima produzione mi è tornata in mente una canzone di Guccini, che forse conosci: “canzone di notte n 2”: te ne ricopio una parte. Il silenzio e il deserto non vengono nominati, ma il bisogno del pensare, dell’essere se stessi si.
“Ma i moralisti han chiuso i bar
E le morali han chiuso i vostri cuori
E spento i vostri ardori
È bello ritornar, normalità
È facile tornare con le tante
Stanche pecore bianche
Scusate, non mi lego a questa schiera
Morrò pecora nera
Saranno cose già sentite
O scritte sopra un metro un po’ stantìo
Ma intanto questo è mio
E poi, voi queste cose non le dite
Poi certo per chi non è abituato
Pensare è sconsigliato
Poi è bene essere un poco diffidente
Per chi è un po’ differente
Ma adesso avete voi il potere
Adesso avete voi supremazia
Diritto e Polizia
Gli dei, i comandamenti ed il dovere
Purtroppo, non so come
Siete in tanti e molti qui davanti
Ignorano quel tarlo mai sincero
Che chiamano pensiero
Però non siate preoccupati
Noi siamo gente che finisce male
Galera od ospedale
Gli anarchici li han sempre bastonati
E il libertario è sempre controllato
Dal clero, dallo Stato
Non scampa, fra chi veste da parata
Chi veste una risata
O forse non è qui il problema
E ognuno vive dentro ai suoi egoismi
Vestiti di sofismi
E ognuno costruisce il suo sistema
Di piccoli rancori irrazionali
Di cosmi personali
Scordando che poi infine tutti avremo
Due metri di terreno
Ciao, buona giornata
Ciao don Gianni,
la canzone di Guccini non la conoscevo e ti ringrazio per averla condivisa. La ascolterò volentieri.
Auguro una buona giornata anche a te.
A presto
Caro Federico, le soiite ariette del finto ribelle che, mentre denuncia usi ed abusi, spera sempre che questo stato di cose resti così com’è onde avere costantemente un buon motivo per denunciare. Assai conveniente per tipi come Guccini, criticare questa società ma goderne dei benefici. I contestatori che, nel ’68, gridavano e sparavano contro lo Stato repressivo e contro le baronìe, oggi, fatti fuori gli odiati oligarchi, ne hanno preso il posto e con una passata di spugna, sbianchettato il proprio passato, pontificano dai loro scranni di banche, di tv, di giornali, di enti statali. SEPOLCRI IMBIANCATI!.