Certe sveglie sono davvero amare. Pensate al canto del gallo che svegliò il buon Pietro dal torpore del suo rinnegamento e pensate al suo pianto quando incrociò lo sguardo del Maestro. Quello si che fu un risveglio totale, un terremoto emotivo e spirituale dal quale non poteva non iniziare una vita nuova.
Certi risvegli, pur non essendo il più delle volte piacevoli, sono altresì necessari. Naturalmente il nostro lettuccio ci piace, così come amiamo il tepore delle coperte che ci avvolgono e la sensazione di riposo che si propaga per tutto il corpo, ma c’è sempre qualcosa in agguato, sicut leo rugiens, pronto ad insinuarsi nella nostra coscienza, per mordere e strappare via sonno e sicurezze.
Vero che non tutte le sveglie sono drastiche: la nostra gatta, ad esempio, che decide di uscire in giardino nel cuore della notte e ci obbliga a turno ad assecondare le sue richieste: non è un trauma, ma certamente ti fa prendere il calendario per cercare un santo da chiamare in causa.
Altre volte mi capita di essere svegliato da colpi ben assestati sul fianco e calci che hanno la consistenza del “muro” Walter Samuel….cosi ricordo quella squadra, i colori, lo scudetto…finché mi rendo conto che è Vanessa che cerca di farmi smettere di russare, perché a mia volta sono stato disturbatore del suo sonno. Lo scudetto, penso, la magica!!!
Spesso a togliere il sonno sono i pensieri che circolano nella nostra mente, i problemi vari che ci affliggono, i litigi, gli irrisolti che tornano con una certa puntualità a presentare un conto che aumenta inesorabilmente, mentre noi chiediamo di pazientare o di dilazionare.
Altre volte sono le ispirazioni che pretendono le nostre ore di sonno e la nostra quiete per inscrivere qualcosa di unico in una storia che spesso arranca, insoddisfatta, dietro al gregge, che vorrebbe dare una svolta ma rimanda, che guarda l’ora e si gira dall’altra parte per continuare i suoi sogni confusi.
Torno da Pietro, se non vi dispiace, e dal galletto.
Notte amara per lui quella del rinnegamento, dopo che, primo fra tutti, aveva sbandierato la sua fedeltà. Una notte sei un leone borioso che si sente invincibile e la notte dopo tutto crolla. Quel gallo cantò per Pietro, lui si svegliò e pianse amaramente. Niente di più liberatorio di un bel pianto, niente di più sano di una bella caduta.
A volte sembra che l’unico modo per ripartire dai nostri stalli sia una crisi, che diviene uno spartiacque tra un pima e un dopo, ma non sempre è così.
Ci sono infatti persone che non hanno la medesima onestà di Pietro, non accettano un immagine imperfetta di se stessi e non ammettono errori o falle nel loro sistema. Ci sono persone secondo le quali il gallo canta sempre per qualcun altro, mai per se stesse. E vanno avanti senza cambiare mai, senza mettersi in discussione, orribilmente pieni di alterigia e di rifiuto. Persone che hanno tacitato la coscienza ed indurito cuore, che renderanno vano qualsiasi intervento della vita con quella sufficienza che gli è congeniale e confidente.
No! Non chiederti per chi canta il gallo, amico mio, perché il gallo canta per te (mi perdoni John Donne) e potrebbe farlo a qualsiasi ora della notte; tu dovrai essere pronto a rimuovere quel che reputi essenziale e assodato, uscire dal tepore del tuo giaciglio e accovacciarti nella fredda notte, nudo come quando sei nato, e fare di quel risveglio il principio di una nuova realtà e non più la prosecuzione di un sogno incantato e melenso.
Giorni duri per considerazioni di questo genere, lo riconosco, oggi che i nostri problemi quotidiani sono le file infinite e nervose per fare la spesa, il lavoro, la scuola on line, la quarantena che non ha una data di scadenza certa.
Cerchiamo di sopravvivere come possiamo in queste giornate che scorrono lente, e condividendo le nostre ansie riusciamo perfino a sentirci più leggeri, ripetendo a mo’ di mantra che ce la faremo, ne usciremo, andrà tutto bene.
Così ogni mattina apro gli occhi e le tenebre sembrano essersi attenuate. Guardo nella penombra il volto della mia donna. La sua immagine è una terra promessa che ho imparato a conoscere e nella quale mi immergo con rispetto e vigore e ringrazio di essermi destato.
Dopotutto sono speranzoso di natura, per me il domani sarà sempre migliore, una nuova luminosa stagione, un motivo per ricominciare e magari, per lo scudetto, il prossimo sarà l’anno buono… magari!