Mio padre è un uomo che ancora oggi non saprei descrivere al meglio; forse non lo conosco così bene come ci si aspetterebbe da un figlio. Ne sono consapevole. La lontananza non aiuta, ma a pensarci bene sono sempre stato distante, anche quando ero vicino. Certe relazioni sembrano non dover decollare mai, anzi piuttosto sembrano destinate a risolversi quasi a tempo scaduto, quando resta solo il tempo per dirsi qualcosa di vagamente affettuoso.
Non vorrei però dire che mio padre è per me uno sconosciuto. Direi anzi che ho iniziato a conoscerlo meglio da quando a mia volta sono diventato padre e da quando ho messo da parte l’idea che mi bastava quello che sapevo di lui, i soliti aneddoti e qualche ricordo sparso nella memoria.
Nonostante un rapporto mai idilliaco non ho mai pensato di volere un padre diverso e non ho mai avuto sentimenti di vero astio nei suoi confronti. Per me lui resta mio padre e me lo tengo così com’è, senza il bisogno di vederlo diverso o modellato secondo le mie presunte aspettative.
Da quando è diventato nonno poi lo vedo felice. Questo mi allieta. Mi sembra un po’ di aver compensato a tutti i guai e le preoccupazioni che ho fatto passare alla mia famiglia. Forse perché la vita non ci chiude negli errori e ci dà occasioni per scoprire che siamo più di quel che pensavamo o che pensavano gli altri, che possiamo portare un sorriso e che siamo in grado, a volte, di essere una benedizione per qualcuno.
Lo ascolto volentieri, soprattutto quando lascia cadere, quasi per sbaglio, battute che hanno il suono duro di chi ha masticato qualche boccone amaro nella vita e che vede bene quel che c’è da vedere. Non viene sempre capito, anzi è facile che venga giudicato o che finisca per litigare con qualcuno, perché è uno di quelli che non si nasconde e che, infatti, senti spesso esordire: “Con quello lì ho avuto a che dire“.
Lo guardo con ammirazione, devo essere sincero, nella sua veracità, quando il volto raggrinzito si fa un tutt’uno con lo sguardo quasi di ghiaccio, mentre assume la sua curiosa espressione di disappunto. Sembra Clint Eastwood.
Da qualche anno è in pensione. Tempo fa, mentre ne parlava, quasi a voler giustificare questo stato, disse che era per causa di forza maggiore, riferendosi ai suoi problemi di salute. Appuntai quello che avevo ascoltato. Non so perché ma le sue parole mi erano entrate dentro, soprattutto il tono che aveva usato, lo sguardo.
C’era come una consapevolezza di trovarsi di fronte a qualcosa che non poteva fronteggiare, qualcosa che era più grande e più forte e che gli aveva ricordato un limite che doveva essere accettato senza farne drammi. Mi era piaciuta quella lezione. L’ennesima che mi ha aiutato a crescere. Tante altre volte è stato così e non lo sapevo. Ho imparato da lui ma non me lo sono mai appuntato da nessuna parte.
Per causa di forza maggiore siamo tutti rintanati a casa in questo tempo in cui un virus che non possiamo controllare determina la nostra esistenza. Le attività umane sono rallentate, in alcuni casi anzi hanno subito un totale blocco. Il creato ne giova: l’aria respirabile, le acque tornano pure e caste per essere di nuovo dimora dei suoi abitanti, le vette dell’Himalaya visibili da oltre 100 km, fatto che, ho letto, non accadeva da una trentina di anni. https://focustech.it/2020/04/11/coronavirus-vette-himalaya-tornate-visibili-278883
Ci è voluta una causa di forza maggiore per fermarci e farci vedere, almeno per un attimo, che potenzialmente siamo tutti dei distruttori, che muoiono ogni giorno senza accorgersene e che, solo se toccati nella propria carne, iniziano a comprendere. Almeno spero.
Anche l’amore è una causa di forza maggiore, che pone davanti a chi lo incrocia prospettive nuove e un appello di rinascita profonda. Spesso mostra i nostri limiti di fronte alla sua richiesta di seguirlo e di essere pronti a sacrificare qualcosa per avere in cambio il tutto.
Davanti a cause di forza maggiore ci possiamo riscoprire altruisti, pensate a medici e infermieri, oppure egoisti; possiamo essere pronti ed aperti a cogliere il senso negli eventi che viviamo oppure rimanere rinchiusi nella paura di poter perdere qualcosa che consideriamo intoccabile e che sotterriamo come fece quel tale nel vangelo
Nulla dunque di voi trattenete per voi affinché totalmente vi accolga Colui che totalmente a voi si dona, scrive Francesco di Assisi nella Lettera all’Ordine: Dio fu la causa di forza maggiore che lo spinse ad abbracciare ciò che sembrava impossibile, folle e improduttivo per scoprire che era precisamente lì il segreto della sua esistenza. Leggo con gratitudine e con tremore Francesco e la sua esperienza sine glossa.
Così la nostra vita può essere piena di padri e maestri e testimoni, sta a noi saper cogliere la sottile voce del loro insegnamento che si fa carne e si presenta ai nostri occhi per indicarci una via diversa.
Anche il sonno è una causa di forza maggiore, a volte, dopo una giornata di lavoro, finita a forza su di una tastiera, a tirare giù pensieri che rotolano come pietre sulla pianura della mia storia che condivido. Così chiudo pensando a quell’uomo col quale ho sempre parlato poco, eppur presente con la forza maggiore di chi ha preceduto il cammino del figlio. Mio padre.