Quando ero sacerdote avevo molto tempo libero e potevo usarlo come meglio credevo, anche perché non dovevo renderne conto a nessuno. Iniziavo la giornata con lunghe camminate mattutine per alimentare i miei pensieri, avevo poi tempo per meditare la Scrittura, il mio pane quotidiano; avevo tempo per leggere, tempo per ascoltare la musica, tempo per guardare qualche film, tempo per scrivere, tempo per incontrare gli altri e infine, quando tutto taceva, tempo per prendere in mano la chitarra, gustare il fruscio valvolare dell’amplificatore ed immergermi in lunghi e tormentati blues, mentre cantavo qualcosa con la compagnia del solito calice di vino che rilassava le fibre della mia anima. E la terra che amavo mi sembrava più vicina, così come il cielo e pure Dio.
Quegli anni mi hanno insegnato ad amare tutto ciò che mi circondava, a rispettarlo, a prendermene cura. Sono stati anni di preparazione, come un lungo allenamento in cui mettere alla prova nervi e spirito prima di poter affrontare la vita con le sue sfide. Non rinnego il passato e nemmeno lo demonizzo; non mi vergogno di vivere una fede che sanguina, che a volte impreca, che dubita fortemente e che non accetta parole di convenienza e rassegnazione. Grazie a questa lotta per salvare me stesso dalla quieta disperazione in cui spesso vien voglia di rifugiarsi, riesco a fare del mio tempo un dono e vivere gli eventi, anche quelli spiacevoli, come occasioni e non come incidenti. Questa è una prospettiva che allieta il mio agire e lo rende forte, tenace, significativo.
Gli impegni e le scadenze ora sono molte e non posso permettermi troppe divagazioni. Per scrivere qualcosa ad esempio sfrutto una mezz’ora del mattino, dopo aver salutato la mia compagna, a breve moglie, che va a lavoro e prima che una vocina mi richiami all’ordine: papà!!! Allora di fretta metto al sicuro quelle due parole buttate giù in base all’ispirazione e vado. Nel frattempo ho preparato la colazione all’altro figlio (come se lo fosse, grande sfida, quasi uno riflesso della mia adolescenza) che scende ciondolante col cappuccio della felpa in testa, mimando un rap stralunato e curiosando tra le righe dei miei compiti mattutini. Cerco di andare a tempo e di seguire il passo degli impegni in famiglia e nel lavoro. Sono tutte cose nuove che vivo ad un quarto di miglia alla volta, tanto per tirare in ballo Toretto, forse perché l’attesa ha reso il mio sguardo diverso, disarmato e meravigliato, desideroso di imparare il più possibile e di non avere rimpianti per non aver provato a rendere la mia vita migliore.
Nel passato ho conosciuto persone che hanno preferito la sicura mestizia alla scomoda felicità, che hanno ottenuto il mondo perdendo la propria passione, che hanno lasciato ad altri le redini della propria esistenza esponendola al ridicolo. Ho conosciuto anche autentici combattenti, gente che ha difeso l’amore dalle grinfie di un mondo che è solo vanità, uomini e donne che hanno reciso legami insulsi per continuare ad essere fecondi e lieti. Ho visto gli spiaggiati, li ho ascoltati ed ho avuto la tentazione di mettermi anch’io nella posizione del balenottero, per vivere beato in un qualunquismo senza futuro e senza dignità. Ho visto persone che dalle macerie di laceranti dolori hanno ricostruito la propria storia, mattone dopo mattone, nel fango e nella polvere, nella tempesta e nell’aridità, ed hanno finalmente visto risorgere le loro anime, splendenti profeti di un tempo affamato e assetato di un senso che pochi riescono ancora ad effondere e altrettanto pochi desiderano accogliere.
Ed è incredibile come la vita ci conduca lontano da quello che pensavamo fosse il nostro destino. Oggi che sono, forse, nel mezzo del mio cammino, guardo le lancette con meno ostilità e meno apprensione. Il tempo è kairos, salvezza, tempo favorevole per scoprire che al nostro fianco c’è qualcuno che ci rende felici e che dobbiamo amare più della nostra stessa vita. Questo mi rimane tra le mani al termine di ogni giorno, la gioia di aver donato qualcosa che persisterà nella memoria e nella storia delle persone che amo.
Ma a volte le lancette vanno prese in considerazione, soprattutto quando al mattino la sveglia è prevista alle cinque!