Questa mattina mi sono svegliato con queste parole: c’è chi lotta. Le ho sentite o forse pronunciate inconsapevolmente e me le sono trascinate nelle prime ore di risveglio. Non ho intenzione di lasciarle cadere nel dimenticatoio delle immancabili preoccupazioni che accompagnano la giornata; sento il bisogno, il desiderio e la necessità di prenderle in mano e custodirle.
Penso a chi lotta per vivere. Ho qualche nome e qualche volto che corre nella mia memoria. Penso che sia dura a volte svegliarsi e non sapere cosa aspettarsi per il domani, con la paura di perdere chi si ama, toccare con mano quella fragilità con la quale siamo impastati.
Ma ecco il sussulto: lì c’è forza. Proprio lì dove ti senti debole, risiede la possibilità di appellarti a forze sconosciute; è come se la tua vulnerabilità o la consapevolezza di esserlo, scoperchiasse un vaso antico e vi trovasse un tesoro inestimabile.
Sembra che solo nella difficoltà e nell’approssimarsi della fine una persona riesca a tirare fuori la sua profonda e risolutiva energia; altrimenti si vive tiepidamente, con quella morbida sensazione di avere sempre le spalle protette.
C’è chi lotta, chi è in agonia, ovvero chi tira fuori carattere e grinta nelle vicende della sua storia e non si lascia deturpare il volto e l’animo ne dal male ne dall’ingiustizia, tantomeno dalle difficoltà.
L’agonismo spesso manca a certi giocatori (perché mi sono cacciato in questo esempio?) che non sanno dare tutto per la loro squadra, per i colori che indossano, per i tifosi che vivono per una rete che si gonfia e per vedere che c’è qualcuno che onora il sentimento e la passione di una tifoseria, di una città.
L’agonismo spesso manca allo studente che ha le potenzialità ma che preferisce prendere scorciatoie che appiattiscono il cammino e la mente. Si lascia convincere che può ottenere il suo risultato con poco impegno, tanto alla fine la sfanghi in qualche modo, e finisce per consegnare così la sua forza alle sirene dell’inerzia che lo condurranno verso un futuro scontato e ricco di rimpianti.
L’agonismo che manca a chi ha talento, un qualsiasi stramaledetto talento, e non lo coltiva, anzi lo rifiuta, lo umilia, lo sotterra come quel tale della parabola raccontata da Gesù. Il talento sprecato è una bestemmia e un’offesa a se stessi e all’umanità intera. Sì, pensa. Perché quella capacità che è tua, che ti appartiene in modo peculiare, potrebbe essere di aiuto, di stimolo o ispirazione per altri. Pensa ai grandi scrittori, agli artisti, a chiunque abbia consegnato all’umanità il frutto delle sue capacità e pensa quanto queste si siano moltiplicate, rifletti a quanto bene abbiano prodotto nelle menti e nei cuori di chi era in ricerca.
C’è chi lotta sepolto dal fango dell’emarginazione, escluso dal gioco della vita, umiliato per l’aspetto o per la diversità, abusato nella dignità e soppresso nei sogni. Umanità spesso fai rabbrividire e fai venire voglia di essere di un’altra specie, magari una di quelle animali che non conoscono la malizia nella loro lotta per la sopravvivenza.
C’è chi non rinuncia ai propri sogni e lotta per emergere. La vita non ammette troppi tentennamenti e se non credi in te stesso chi altro dovrebbe farlo? Se hai una possibilità di cambiare non aspettare che lo facciano gli altri al posto tuo, ma prendi in mano la tua vita e, diceva Giovanni Paolo II, fanne un capolavoro.
Ci sono tante cose che non vanno nella nostra società. Guarda la scena politica di questi giorni, guarda lo scempio e l’acrimonia di una dialettica generatrice di conflitti tra galli e galline di un pollaio che emana tanto di quel tanfo da stordire anche i più giusti. Lottano si, per se stessi, anche se dicono di farlo in nome del popolo.
Guardati attorno e dimmi se ti sembra cambiato qualcosa nonostante i proclami fatti in tempi non sospetti. Auspici di un mondo migliore e più vicino ai bisognosi. Ah quanto sentimentalismo rovina il nostro tempo; quanto scialbo buonismo ci introduce in relazioni mortifere e stagnanti.
Eppure è proprio questo il momento di compiere qualcosa di diverso, fosse anche inopportuno o palesemente inutile.
Tempo di essere capaci di lottare per se stessi e per la propria dignità ma anche per quella degli altri, per chi non ce la fa da solo. Per chi non ha gambe forti e per chi ha perduto la voce, smorzata dal pianto e dalla disperazione.
C’è ancora chi lotta perché crede nella possibilità di vedere tempi migliori e perché crede, dopotutto, che valga la pena soffrire, penare, correre e struggersi per dare alla terra riarsa di molti cuori acqua umile e casta. https://www.sanfrancescopatronoditalia.it/notizie/opinioni/acqua-viva-(e-molto-utile-et-humile-et-pretiosa-et-casta-)-43244
Così stamattina dopo molto tempo mi sono recato in una chiesa a pregare. Avevo bisogno di ritrovare del silenzio. Nella chiesa c’era l’adorazione eucaristica. Mi sono inginocchiato ed ho taciuto. Tu devi lottare in te stesso, scriveva Origene, perché il tuo nemico procede dal tuo cuore. Senza aver compiuto questa lotta non si otterrà alcuna vittoria, mai ed in nessun luogo.
Dio sa raggiungerti e suggerirti improvvisamente la risposta che ti risolleva: Egli infatti non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza (2Tm1,7).
Forse la maggior parte delle cose che ti circonda non cambierà mai ma, perdonami la retorica, sarà più importante iniziare a farlo in te stesso. E sarà come tornare nella tua patria che hai lasciato da anni e sentirti immensamente diverso rispetto a quel luogo rimasto tale e quale da quando sei partito.
Bè se provi questa sensazione e ti trovi su di una strada che conosci solo tu, devi esserne fiero e non badare se altri non capiscono e ti giudicano.
Anche questa è una lotta.