Abbà è il modo affettuoso col quale Gesù si rivolge al padre; significa papà, ed è evidente che in questa parola c’è molto più di una formula adatta per tutte le circostanze.
Abbà è un suono dolce e delicato, intimo e misterioso che Gesù condivide coi suoi discepoli, per rispondere alla loro richiesta accorata di insegnargli a pregare.
Sosto su questa capacità di Gesù di parlare di ciò che conosce profondamente, di insegnare a partire dal sentimento, dal vissuto affettivo della sua relazione filiale ed è per questo che risulta credibile ed affascinante.
Abbà è il cuore messo a nudo, spogliato di ogni difesa, è la fiducia vissuta che si estende ad ogni creatura, che non teme di finire tra spine e sassi, che crede darà frutto a suo tempo e non priva nessuno di questa possibilità.
Abbà è il grido nell’angoscia e il sussurro nella riconoscenza, il balbettio nella meraviglia e il suono nella festa.
Per anni ho pregato queste parole senza averne compreso il cuore. Forse è così per molte cose che viviamo, finché arriva qualcuno a rivelarcene il senso.
Abbà oggi è la voce meravigliosa di mia figlia che chiama proprio me: papà!
Ci sono occasioni in cui chiama a ripetizione e sembra non stancarsi o scoraggiarsi. Sa che il papà o la mamma arriveranno.
La sua fiducia mi spiazza, mi fa gioire, mi incanta e mi scuote.
Quello che chiede è vicinanza e lo fa con insistenza: papà, qua! Un ordine che assecondo volentieri lasciando perdere qualsiasi altro impegno che in quel momento mi allontana da lei.
La sua voce ha pro-vocato la mia paternità, le ha dato vita e la plasma giorno dopo giorno.
Mi piace imparare da lei cose che forse ho un po’ messo da parte; al tempo stesso so di avere una grande responsabilità nei suoi confronti e che lei non è uno sfizio o un prolungamento della mia persona.
Abbà! Rifletto a lungo su questa parola pronunciata da Gesù e da mia figlia.
C’è la fiducia verso un padre che deve saper guidare, che deve tenere per mano e che a volte deve seguire o rincorrere.
Non si può essere sempre alla guida, quelli sono i tiranni o i padri autoritari, per i quali conta solo la loro volontà e il loro desiderio, schiacciando così le aspirazioni del figlio, l’indole, la forza.
Neanche è giusto pensare di stare sempre al fianco, tenere tutto sotto controllo, evitare le cadute o gli scontri, non permettere mai uno sbaglio, una frustrazione o un fallimento,
E non è nemmeno buono stare sempre dietro, essere invisibili ed assenti nei momenti cruciali, per poi magari presentarsi solo per giudicare e criticare.
Cerco così di essere una guida che segue e che tiene per mano, lasciandola infine andare perché so che è così che vanno le cose e devo iniziare ad abituarmi.
Abbà! Continuo a pensare alla vita che mia figlia dona ai giorni che vivo, e ne sono grato.
Avverto anche un qualcosa di simile ad una rivelazione che insiste nel mio cuore.
Il suo è un sorriso intenso ed avvolgente che non esclude nulla di lei; non mi sarei mai aspettato una gioia così grande, di quelle in alcun modo pianificate e nei confronti delle quali si può solo dire grazie.
Nonostante la fatica a fine giornata posso dirmi felice; cosa mi aspetterà domani lo saprò al risveglio.
Ora osservo il cielo che imbrunisce e mi crogiolo nel silenzio contemplativo e ristoratore e sembra, infine, che anche il mio spirito riesca finalmente a sospirare: Abbà, Padre!
Bellissima riflessione sull’essere padre❤️